Ambrogio Rossi (Mario)

Ambrogio Rossi, nome di battaglia Mario, nasce a Milano da famiglia di antifascisti. È un bravissimo incisore. Ha 21 anni nel 1944, quando per sottrarsi ai bandi d’arruolamento della Repubblica di Salò, entra a far parte del 1° distaccamento della Brigata garibaldina Cesare Battisti. Combatte valorosamente sulle rive del lago Maggiore, in val Cannobina. Fin dai primi giorni dimostra il suo coraggio quando, con un compagno, disarma dei militi fascisti nei pressi dell’imbarcadero a Intra e si impossessa delle loro armi, tra le quali un novissimo e prezioso mitra Beretta. In una notte del dicembre 1944, la squadra di cui è divenuto comandante è in marcia per sottrarsi a un rastrellamento dei nazifascisti. Sono attaccati da forze largamente superiori. Dopo una prima sparatoria, Mario ordina al suo gruppo la ritirata e da solo protegge i suoi compagni sino suo ultimo colpo. È ormai l’alba quando è centrato in pieno da una raffica di mitra. Colpito, è creduto morto e abbandonato tra le rocce. Il rastrellamento prosegue, ma i suoi compagni sono ormai in salvo. Sarà raccolto rantolante da alcuni montanari. Trasportato all’ospedale di Intra, sopravviverà a prezzo dell’amputazione degli arti inferiori.  Per il suo valore è decorato con medaglia d’Oro del Comando Generale delle Brigate Garibaldi e medaglia  d’argento al Valore Militare con la motivazione: “Comandante di una squadra di partigiani, … dopo essere riuscito a fare disimpegnare i suoi, veniva individuato e cadeva gravemente colpito alle gambe. Manteneva, durante l’amputazione, contegno stoico ed esemplare. Interrogato dal nemico nulla rivelava e si salvava da morte per lo scambio di prigionieri”. Nei primi anni settanta lo troviamo impegnato nella sezione A.N.P.I. della Cagnola (poi sez. A.N.P.I. Mario Rossi) in via Mottarone, coadiuvato dalla figlia Ivonne e la moglie Gilda.